Café d’Amore, Broome: un ristorante italiano?
C’è un angolo in Broome che, in teoria, sarebbe tipicamente italiano. Si chiama Café d’Amore (con una sola effe), e, nonostante si trovi nei meandri della zona industriale del paese (in uno slargo di xx lane), è talmente rinomato che i tavoli sono sempre tutti prenotati.
Ma quanto “italiano” è davvero questo posto?
Quando ci siamo stati noi, la musica diffusa dall’impianto di amplificazione era un mix di balli latini e sudamericani. E ci può anche stare: l’alternativa,per quanto riguarda i ristoranti pseudo italiani nel mondo, è in genere un mix di Modugno e Cutugno (Motugno?), con l’occasionale versione acid jazz in inglese di qualche canzone semi sconosciuta di Mina. Mambo e salsa, invece, sono la scelta di chi non si vuole sforzare troppo: è musica camaleontica, che si insinua nella mente dell’ascoltatore con la pretesa di appartenere ad un certo luogo, tempo o situazione. Suggerisce a chi ascolta che ci si trova in un momento di festa, di spensieratezza, di presunta eleganza, e di passione tanto sfrenata e sfacciata, quanto imbavagliata dai ritmi rigidi e dalle mosse forzate di un ballo lontano. È una trappola traditrice. Ma sempre meglio che Toto Cutugno.
Guardandosi intorno, lo sguardo si posa sugli elementi del décor del posto, un’accozzaglia di oggetti accatastati su mensole e appesi al muro, che fanno molto negozio di souvenir. Riproduzioni vintage di manifesti pubblicitari anni Sessanta; apparecchi telefonici retrò; libri, libri, e ancora libri. A prima vista, sembra il solito insieme di decorazioni messe insieme per dare un senso di appartenenza e di storia ad un locale. Quasi ci si aspetta di incrociare con lo sguardo un quadro con “Campari” o “Cinzano” in colori pastello, accanto a una riproduzione delle pubblicità nei giornali delle prime Cinquecento. Ma un momento: le scritte sono tutte in… spagnolo!
Proprio così: la metà degli arredi di Café d’Amore non è altro che una celebrazione della cultura sudamericana. C’è l’occasionale “I (cuore) Pizza”, c’è il libro (in inglese) sulla storia dell’automobilismo col capitolo sulla Ferrari F40, ma niente di più.
Confusi dall’identità del posto, abbiamo preferito far parlare il menù. Ci avevano detto che la pizza del ristorante fosse la più buona in città, “meglio anche di Domino’s” – e vorrei ben vedere. Abbiamo provato quella col gorgonzola: è arrivata nell’alternativa forma ovale, la base sottile sottile, e servita su una tagliera di legno. Una bella presentazione, un ottimo profumo. Ma gommosa in consistenza, e insipida nel sapore. Sarà stato magari il gorgonzola non autentico, o forse la cottura non ottimale (è mancato quel tocco croccante che rende la pizza una Pizza con la P maiuscola), ma il piatto è scivolato via senza lasciare il segno.
Per fortuna ci siamo buttati anche sullo speciale del giorno: coniglio al forno, servito con un puré di patate e una salsa ai funghi. Che botta! Complice probabilmente il fatto che non avevamo assaggiato del sano selvaggio coniglio da molti anni, il coniglio di Café d’Amore ce lo siamo gustato fino all’ultimo boccone – ogni morso ad evocare ricordi di domeniche mezzogiorno del passato.
Il menù offre vini e birre, di cui solo la Peroni alla spina è riconducibile, in qualche modo, ad origini italiane (ma perché è così difficile trovare la Birra Moretti fuori dall’Italia?). Ci sono anche dessert, cocktail e amari, ma noi ci siamo fermati al coniglio. C’è una differenza di prezzo tra le pizze (tra i 20 e i 25 dollari) e i piatti principali (dai 35 ai 50), ma come regola empirica generale, cosiglieremmo di scegliere un main course invece che una pizza, a chiunque decida per una serata latino italiana al Café d’Amore di Broome.
Lascia un commento