De Grey River Rest Area
Imbattersi in un posto come l’area di servizio De Grey dopo dieci mesi trascorsi nel comfort di un’abitazione “normale” è stato il modo migliore per tornare ad apprezzare la vita on the road, e per soffocare la malinconia della partenza da Broome.
La rest area si trova lungo la Great Northern Highway, la principale arteria stradale dell’Australia Occidentale. A 150 km a Nord-Est di Port Hedland, è una tappa ideale per chi viaggia da Broome verso Sud lungo la costa.
Si tratta di un’oasi di verde sulle sponde del semi-arido De Grey River. A prima vista, sembra una piazzola di sosta come tante altre: uno spiazzo polveroso e arido a ridosso dell’autostrada; un gazebo, un paio di bagni pubblici, qualche cestino della spazzatura. Sullo sfondo, però, ci sono alberi e arbusti, e sono verdi e rigogliosi. Se si segue uno dei sentieri sterrati che vi si addentrano – tranquillamente percorribili anche senza un fuoristrada – si raggiunge un lato del fiume. Quando ci siamo passati noi, abbiamo contato una decina di caravan parcheggiati tra gli alberi – a religiosa distanza l’uno dall’altro. In teoria, il campeggio è autorizzato per non più di 24 ore, ma a giudicare dalle installazioni che abbiamo visto (generatori, pannelli solari, estensioni…) c’è da aspettarsi che in molti si fermino in questo piccolo angolo di verde un po’ più a lungo.
Un angolo speciale nel bel mezzo di una zona di pascolo
Quello che rende speciale posti come questo – e che rappresenta anche l’essenza del viaggiare in modo autosufficiente in Australia – non è altro che un certo equilibrio tra diversi fattori.
Per i più veniali, e per chi ha le braccia corte: è gratis. Zero tariffe, zero spese. Parcheggia, spegni il motore, rimani per la notte.
Più importante: è spazioso. C’è posto per tutti, e ogni viaggiatore che decide di fermarsi qui può ricavarsi un angolo di pace, riservato e intimo, a ridosso del fiume (ma non troppo: occhio ai coccodrilli!), nella frescura dell’ombra. E, allo stesso tempo, si ha la sicurezza di sapere che a poche decine di metri di distanza, in caso di emergenza, ci sono altre persone che possono dare una mano.
E poi, ci sono le mucche.
Il campeggio si trova in un’area in cui il pascolo è libero, e le mandrie della vicina De Grey Cattle Station (gestita, tra l’altro, dalla famiglia Bettini, con radici italiane), non a sorpresa, si riversano lungo la riva del fiume per trovare erba verde e acqua fresca.
Mentre scrivo queste righe, ho davanti a me tre vacche che pascolano liberamente e mi osservano con la coda dell’occhio. Muovessi un braccio verso l’alto, emettendo un lento e gutturale “heyyy”, scapperebbero dalla paura. Ma i tempi del mustering e del comandare le mucche sono passati – è quasi una liberazione poter osservare questi animali girovagare liberi senza dover impartirgli ordini, o assembrarli come sardine in un labirinto di recinti.
È il secondo giorno di viaggio da quando abbiamo lasciato Broome, e la routine è già tornata.
Colazione. Tre o quattro ore di guida – poco più di 300 chilometri percorsi, con partenza dalla Stanley Rest Area – spezzate da un paio di pause veloci presso le roadhouse, e accompagnate da buona musica e ricordi. Piazzamento nell’area di sosta già nel primo pomeriggio – niente fretta. Pranzo. Un po’ di lettura. Una camminata nella boschiglia per racimolare un po’ di legna per un fuoco. Un’occhiata veloce ai livelli dell’olio e del liquido di raffreddamento. Dialogo telepatico con una mucca giovane e marroncina. Un po’ di lavoro al computer – ma niente Internet perché non c’è nemmeno il segnale telefonico. Una birra fresca dal frigo, alimentato a gas. Quattro chiacchiere col “vicino”, un grey nomad emigrato dalla Polonia sessant’anni fa: guida un solido Nissan Patrol sei cilindri e 4.2cc 4WD convertito a campervan; è due giorni che ci imbattiamo gli uni nell’altro; strimpella La Vie en Rose alla chitarra, in tributo alle comuni origini europee. Poi, cena attorno al fuoco. Letto. Pronti per la prossima tappa.
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