Devonport, Mersey Bluff, Coles Beach e il parcheggio campeggio
Sbarcati a Devonport nel tardo pomeriggio, abbiamo deciso di trascorrervi la notte.
Per prima cosa ci siamo diretti verso la Mersey Bluff Lighthouse, il faro di Devonport caratteristico (e unico) in Australia per le striscie rosse verticali che hanno la funzione di semaforo marittimo, o daymark. La torre sorge all’estremità costiera di Bluff Road, dove il Mersey River, che divide Devonport a metà, sfocia nello Stretto di Bass.
Su indicazione di altri passeggeri della Spirit of Tasmania, siamo poi andati a Coles Beach, dove, ci hanno detto, è possibile parcheggiare e dormire nel proprio mezzo senza essere disturbati o multati. Quello che abbiamo trovato, però, era un vero e proprio campeggio gratuito. L’ampio parcheggio di Coles Beach è occupato diligentemente posto per posto da station wagon, furgoncini, campervan e motorhome di grandi dimensioni. A quanto pare, dopo il tragitto giornaliero della Spirit, buona parte dei backpacker e dei grey nomad si ritrova qui per passare la notte.
E c’è anche chi ci vive un po’ più a lungo. Una coppia francese “abita” nel parcheggio di Coles Beach dal settembre del 2012. I due lavorano nelle piantagioni di frutti di bosco per mettere da parte un po’ di soldi, e allo stesso tempo ottenere un visto vacanza lavoro per un secondo anno.
In Tasmania la paga è migliore rispetto ad altre regioni dell’Australia. E c’è meno competizione, in termini di forza lavoro: in inverno non c’è quasi nessuno disponibile a lavorare nei campi.
Con una Ford Falcon maltrattata, il retro adibito a letto, un fornellino a gas per cucinare, passano la notte nel parcheggio, di volta in volta circondati dai turisti che transitano per Devonport. La cura personale? Ci sono i bagni pubblici della spiaggia, che chiudono alle 11 di sera e riaprono di mattina. Doccia? A quanto pare, il Surf Life Saving Club di Bluff Beach, a poche centinaia di metri, ha a disposizione docce calde. Si tratta di un edificio dallo stile moderno, costruito praticamente su una spiaggia, e circondato da un parco adibito ad uso diurno.
La scelta di “stabilizzarsi” per alcuni mesi e lavorare, e allo stesso tempo di vivere per strada, in vista di un possibile lungo viaggio in giro per l’Australia, è fondamentalmente opposta alla nostra filosofia del “viaggiare prima, poi lavorare, poi viaggiare ancora” a oltranza, ma comunque praticabile.
Ci sono altre dinamiche interessanti che riguardano il lavoro e gli abitanti della Tasmania. Il livello di disoccupazione nell’isola satellite è storicamente il più alto del Paese (tra il 7 e l’8 per cento). Allo stesso tempo, il costo della vita è relativamente basso. Durante un pranzo sulle panchine del parco di Bluff Beach, abbiamo fatto conversazione con un residente, che lavora in un giacimento di gas nel Kimberley (WA) – la regione dell’Australia diametricalmente opposta alla Tasmania. Per “andare al lavoro”, vola da Devonport a Melbourne, poi da Melbourne a Perth, e da Perth al giacimento sperduto nell’outback. Un giorno di viaggio. Tre settimane consecutive di lavoro. Spese di trasporto, vitto e alloggio coperte dal gigante petrolifero. Uno stipendio triplo rispetto a quanto guadagnerebbe in Tasmania. E una settimana di libera uscita, durante la quale torna a Devonport, e racconta la sua storia a improbabili turisti europei.
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