Il campervan ha un nome: Bau

L’abbiamo chiamato “bau”, perché a guardarlo da davanti sembra un cane abbacchiato. Gli abbaglianti come due occhi supplichevoli. Gli specchietti retrovisori come orecchie sintonizzate su rumori lontani. La fronte corrugata all’insù quando il tetto si rialza. Il bull-bar (altrimenti detto “ammazzacanguri”) che ricorda una dentatura nascosta da una museruola. E la lingua penzolante con un numero di targa stampato sopra.
E’ un po’ vecchio, ma ancora pieno di forza e curiosità. Fedele e leale, ma non bisogna maltrattarlo. Quasi sempre affamato (o meglio assetato di benzina). Accarezzalo sul volante, e ti segue senza battere cenno. Parcheggialo, alza il tettuccio, tira le tende, e si trasforma nella sua stessa cuccia – bollente se fuori fa caldo, gelida quando la temperatura scende.
I paralleli sono tanti, anche se forse sarebbe più accurato il paragone con una chiocciola: viaggiare lentamente (media di ottanta all’ora) con una casa portatile in groppa.
In ogni caso, Bau è il nome della nostra casa, del nostro mezzo, del nostro unico possedimento per i mesi a venire.
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