Alabarda spaziale (Opera House)
L’Opera House di Sydney spunta in sordina tra gli alberi se la si approccia camminando nei bellissimi Botanical Gardens. Capita spesso con le architetture iconiche, ma la prima impressione è stata: “tutto qui“?
Vista da lontano sembra un nugulo di conchiglie accatastate l’una sull’altra, un po’ come la Torre Eiffel sembra una pilone dell’elettricità un po’ più importante degli altri. Viene da pensare che l’occhio addomesticato alle cartoline si rifiuti di credere che quello che gli si staglia davanti sia davvero lo stesso monumento visto sui sussidiari di geografia per mezzo di fotografie aeree.
Ci vuole qualche minuto per realizzare che sì, in realtà non solo siamo di fronte alla “famosa” Opera House, ma che in effetti è impressionante. Più ci si avvicina, più ci si rende conto della pesantezza della struttura. Dello stile futuristico-retrò (*).
Un po’ come in Mazinga: da un momento all’altro l’Opera House potrebbe chiudere le vele su se stessa; le vetrate diventano blindate; le fondamenta iniziano a vibrare nel tremore sordo circostante, finché non compaiono crepe nell’asfalto tutto intorno. E dai lati spuntano cannoni, porta-missili che si girano a 360 gradi, raggi laser (che sembran fulmini!), mentre la base inizia a fluttuare a mezz’aria, sostenuta da una non meglio specificata forza magnetica. Una base spaziale volante camuffata ad edificio: ecco l’immagine dell’Opera House a cui non volevamo arrenderci ma che alla fine ha preso il sopravvento. Trema, il regno delle tenebre del male.
(*) per gli amanti dell’architettura: il retrofuturismo dell’Opera House è evidente se si visitano i bagni sulla destra dell’entrata principale (quella del box office). Séparé montati in diagonale, luce soffusa, porta-carta-igenica retro-illuminati, lavandino unico e ondulato. Il tutto sagomato e leggermente color sepia, non si sa bene se per il passare degli anni o per una scelta di stile. Quel genere di bagni che negli anni Ottanta suscitavano “Ohhh“, ma che per noi, soprattutto dopo l’esperienza del proiettore nel cesso di Mona, fanno un po’ “Meh…“.
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